venerdì 21 dicembre 2018

Yule - La Magia dell'Inverno

Durante la mia adolescenza, trovavo il Natale una festa essenzialmente commerciale, vuota: una facciata di gioia ed abbaglianti luci natalizie su un edificio fatiscente, buio e freddo. L’iperbole della nostra società, dove tutto sembra bello grazie ai filtri di Instagram e riempiamo il nostro vuoto interiore con carrelli pieni di beni di consumo.

In età più adulta mi sono trovata invece ad apprezzare questa festa, dopo averne appreso il significato arcano dietro di essa: il Solstizio d'Inverno. Il trionfo del Sole nell'oscurità, festeggiato per millenni da molteplici popoli.
Ed è lì che i canti nelle strade e nei negozi, le lucine alle finestre e le scintillanti decorazioni sull'albero riecheggiano di risate antiche, di gioie e di doni scambiati a lume di fuochi accesi durante la lunga notte.

Astronomicamente parlando, il solstizio d’inverno rappresenta il momento in cui il Sole raggiunge, nel suo moto apparente, il punto più basso sull'orizzonte, per poi ricominciare a salire nel suo cammino fino al punto più alto (il solstizio d’estate). Questa mancanza di luce e calore, fecero scaturire la nascita di molte leggende e festività, legate a questo suggestivo momento dell’anno.

Due tematiche principali ricorrono: l’oscurità, il vero e proprio cuore della stagione fredda, spesso rappresentata come una figura anziana, e la luce, rinascente dopo la notte più lunga.

Per i Neopagani il solstizio rappresenta Yule, la prima festa sabbatica dell’anno: la Dea dà vita al Dio, il Sole bambino che con sé porta la promessa della tiepida primavera. Il nome della festività deriva dalla festività di Juul, un blot festeggiato nella Scandinavia pre-cristiana. Era un momento di gioia, di raccoglimento ma anche di sacrificio: bisogna ricordare che, mentre oggi siamo abituati alla nostra spesa settimanale al supermercato sotto casa, l’inverno rappresentava una stagione di carestia per i nostri antenati. Era usanza sacrificare le greggi agli dei, ingraziandosene così il favore, mangiandone poi la carne con i propri cari ed evitando una morte di stenti al bestiame durante il rigido inverno.

Dal Nord Europa, abbiamo ereditato alcune delle odierne tradizioni come il ceppo di Yule e la decorazione dell’albero, il quale viene spontaneo associarlo all'albero Yggdrasil, l’axis mundi.

Secondo la leggenda, San Bonifacio, che cristianizzò la Sassonia e la Frisia, di ritorno verso Roma, fece abbattere una grande quercia, un albero sacro ai pagani del luogo.
Dalle radici dell’albero, nacque magicamente un abete e San Bonifacio interpretò questo avvenimento come un segno divino rappresentante la bontà del cristianesimo.
In realtà, gli alberi sempreverdi erano noti, nella tradizione pagana, per portare prosperità e resistenza durante la stagione invernale e per questo, difatti, venivano portati nelle case e appesi come portafortuna. 
Va da sé che, un segno di questo tipo, va interpretato come il paganesimo (l’abete) che resiste all'oscurantismo del cristianesimo (la quercia, che nella stagione fredda perde le foglie).
I sempreverdi erano anche gli alberi sacri al dio Baal, una divinità solare.

Un’altra tradizione legata ai sempreverdi è quella del “tronchetto di Yule”, da noi conosciuto come “ceppo di Natale”. Solitamente si tratta di un ceppo molto grosso, che viene acceso nel camino la sera della vigilia di Natale e si continua a bruciare fino all'Epifania.
Esso aiuterebbe a scacciare gli spiriti maligni che si aggirano per la terra durante il Solstizio e servirebbe a “rafforzare” la forza vitale del Sole, che in questo periodo dell’anno è più debole.


Anche la celeberrima figura di Babbo Natale è di derivazione scandinava: prima di essere associato al paffuto signore barbuto che noi tutti conosciamo, veniva raffigurato come un vecchio molto alto, vestito di nero a cavallo. Una figura tutt'altro che rassicurante e bonaria, rispetto a quella sulla bottiglia della Coca Cola. 
Questa figura spettrale veniva associata ad Odino ed al suo destriero. 
Durante la notte più lunga dell’anno, Odino teneva una battuta di caccia (la Caccia Selvaggia) insieme ad altre divinità e spiriti. I bambini, nei villaggi, solevano mettere gli stivali fuori dalla porta, pieni di ortaggi per nutrire i cavalli dei cacciatori; in cambio trovavano le calzature piene di doni. 

Una concezione un po’ più moderna di Babbo Natale, che contribuì a diffondere la tradizione in tutto il mondo, è quella descritta nel poema di Clement C. Moore “The Night before Christmas”, pubblicato per la prima volta nel 1823.
Ispirato dalle varie leggende legate a Santa Claus, Moore scrisse questo poema in cui Babbo Natale viene descritto ma come un piccolo elfo, veloce e anziano, tanto minuto da entrare nelle case attraverso i camini, che raggiungeva volando sui tetti delle case nella sua piccola slitta, trainata da otto renne. Questo piccolo elfo viene chiamato St. Nick.
Agli appassionati di antiche tradizioni anglosassoni, non sarà sfuggito l’accostamento di St. Nick con Old Nick, uno dei tanti appellativi utilizzati per riferirsi al Diavolo.

Concetti simili, messi un po’ in ombra dall’ormai onnipresente Babbo, si trovano in varie chiavi di lettura poi in giro per l’Europa (vedasi la Befana, Santa Lucia, San Nicola ed i Re Magi solo per citarne alcuni).




*** Clicca qui per leggere il nostro articolo sul Krampus, la Caccia Selvaggia ed altre tradizioni invernali.

La rinascita del sole durante il periodo del solstizio d’inverno, è tematica comune a molte tradizioni pagane, tanto che l’imperatore Aureliano stabilì il 25 Dicembre "dies natalis Solis invicti", così facendo donò a tutte le culture differenti presenti nell’Impero Romano un giorno comune in cui poter celebrare la gloria del Sole.

Sempre in questo periodo, nella Roma Antica, si festeggiavano i Saturnali tra il 17 ed il 23 Dicembre. Come si può facilmente evincere dal nome, erano delle festività in onore del dio Saturno: era usanza, durante questi giorni, scambiarsi piccoli doni ed illuminare le città a giorno - altre tradizioni sicuramente a noi familiari. Si credeva che il vecchio dio, uscito dagli inferi, si aggirasse sul nostro piano dimensionale, portandosi appresso gli spiriti dell’oltretomba; per farne ritrovare la strada si offrivano sacrifici, si cantavano canzoni, si accendevano fuochi e ci si travestiva. 
Inoltre l’usuale ordine sociale non era in vigore: gli schiavi erano liberi, unendosi ai propri padroni nei festeggiamenti duranti i lauti banchetti in onore del dio.





*** Clicca qui per leggere il nostro articolo sul Mundus Cereris, l’apertura degli inferi secondo la tradizione romana.

Il tema ricorrente è comunque sempre lo stesso: il vecchio che porta il nuovo, la vecchia e saggia tenebra che pian piano lascia spazio alla luce, alla speranza di nuovo anno ed un nuovo raccolto. 

Al giorno d’oggi, non dobbiamo preoccuparci più di carestie e del dividere il raccolto con le persone a noi care. Viviamo in un mondo abbondante, pieno di possibilità. Talmente pieno da esserne ridondante, fino al punto di di perdere il senso di gioia nell'essere insieme a coloro che amiamo, superando la tenebra. 

Ricordiamoci del significato dietro ai lustrini, a quei regali comprati senza sentimento ed immancabilmente riciclati. Il Solstizio è il momento per essere grati di cosa abbiamo ricevuto durante l’anno, di essere consapevoli di cosa abbiamo imparato durante la nostra discesa nell'oscurità e poter intraprendere un nuovo cammino nella luce.

Siamo grati dei legami che possiamo coltivare intorno ad una tavola imbandita, siano essi la nostra famiglia di sangue o la nostra famiglia di scelta. E se proprio non sappiamo come spendere i nostri soldi, non compriamo cianfrusaglie che finiranno nel cestino: usiamo il nostro potere per poter aiutare coloro che non hanno lo stesso lusso.

Il Solstizio è una festa legata alla gioia ed alla casa, la Terra è casa nostra. Facciamoci il regalo di aiutarla, diamo i nostri soldi alle associazioni che si curano di salvaguardare l’ambiente o le persone in difficoltà. E se proprio non possiamo usare il denaro, usiamo il nostro tempo: facciamo noi stessi volontariato, raccogliamo la spazzatura dalle spiagge e dal terreno, regaliamo quello che non ci serve a chi può usufruirne. 

Il regalo più grande è quello di essere consapevoli, per noi stessi e per chi ci sta intorno.

Felice e prospero Solstizio.


♃Ludna & Unornya
Click here to read this post in English

Nessun commento:

Posta un commento