sabato 15 giugno 2019

Aquae Sulis - Il cuore celtico della Britannia Romana



Nel Sud dell’Inghilterra possiamo trovare un vero e proprio gioiello storico ed architettonico, incastonato nella verde campagna inglese: la cittadina di Bath. Precisamente, ci troviamo nel Somerset - una regione che, come abbiamo già visto parlando di Glastonbury, spicca per il numero di siti di interesse esoterico sul suo territorio.

Il nome di Bath deriva da “bagno”, infatti questo luogo era un importante stabilimento termale durante l’occupazione romana. Ma sarebbe riduttivo classificarlo solo come tale, in quanto era anche un luogo di culto per i Celti in primis e per i Romani successivamente.

Le sacre acque, considerate miracolose, originano dal sottosuolo: le piogge millenarie, riversate nei secoli sulle Mendip Hills, penetrarono negli strati calcarei del terreno dove, in profondità, raggiunsero una temperatura di circa 96°C. La pressione dell’acqua, surriscaldatasi, riportò il corso d’acqua sotterraneo in superficie, originandone la famosa sorgente: una piscina naturale, dal colore smeraldo e dalle smerigliature cremisi del ferro, avvolta nei fumi di vapore innalzati nella gelida aria invernale... Non vi sono dubbi del perché le genti di allora considerassero tale meraviglia opera degli Dei.

Studi dimostrano che la fonte è in uso da almeno 10,000 anni, ma le prime testimonianze concrete le abbiamo con l’arrivo dei Celti in Britannia nel 700 AC, i quali ne circoscrissero il perimetro con delle strutture in legno a scopo rituale.
Credevano che questo luogo magico, con le sue proprietà guaritrici, fosse l’opera della Dea Sul - una dea celtica patrona della medicina, guarigione e fertilità. Sul fondo della sorgente furono trovate monete, comprovando la teoria che la popolazione usasse lo specchio d’acqua come canale di comunicazione con il divino, lasciandovi offerte nella speranza di ottenerne il favore.

LA DEA SULIS-MINERVA


Sul o Sulis era una divinità venerata nelle zone limitrofe di questa fonte magica. A differenza del diffuso concetto odierno neo-pagano di divinità femminile lunare, è una dea solare. 

L’etimologia del suo nome non è del tutto chiara, la teoria più accreditata è che la parola provenga dal Proto-Celtico sÅ«li: uno dei tanti suffissi per la parola “sole”, di derivazione Indo-Europea (vedasi ηέλιος “elios” in Greco, “sÅ«ryah” in Sanscrito, “suhlio” in Proto-Indo-Europeo). Da questa radice, deriverebbero anche la parola “súil” (occhio) in Irlandese Arcaico e “licat”, significante sia “occhio” che “sorgente” in Gallese Arcaico. 


Come menzionato sopra, è principalmente associata alla guarigione ed alla fertilità ma anche alla veggenza; come tante altre dee ha una natura ambivalente. Sulis veniva spesse volte invocata per proteggere chi subiva dei torti e maledirne i perpetranti, in quanto garante di giustizia. 

Nel museo delle terme romane possiamo ammirare ben 130 tavolette in peltro, su cui vi sono iscritte delle maledizioni ed invocazioni alla dea per ottenere vendette personali. Normalmente si trattava di tornaconti per piccoli furti, spesso avvenuti dentro lo stabilimento: piccole somme di denaro, capi di vestiario od oggetti personali. Queste tavolette, oltretutto, hanno un valore storico inestimabile potendo essere tra gli unici esempi scritti di lingua celtica.

I Romani, arrivati nel Somerset nel 43 DC durante la loro campagna di occupazione britannica, subito riconobbero la sacralità del luogo. Nonostante la loro frenetica sete di espansione dell’impero, erano soliti rispettare le divinità locali - sincretizzandole spesso con i loro dei (interpretatio romana).

Apprendendo presto la natura benevolente ed il forte senso di giustizia di Sulis, non fu difficile associarla a Minerva - amatissima dea patrona della ragione, saggezza e delle virtù eroiche, nonché protettrice degli artigiani. Il suo culto era diffusissimo nell’Impero, testimonianze della sua devozione furono trovate in tutte le province romane e venne spesso assimilata ad altre divinità come la celtica Brigantia o la kemetica Neith.

Sulis-Minerva, dalle miracolose qualità guaritrici, divenne popolare anche tra i soldati romani: molti reduci di guerra, afflitti da vecchie ferite ed acciacchi, si affidavano alla sua cura ed alla sua sorgente per riceverne i benefici. Durante la campagna militare, artigiani e mercanti si trasferirono per espandere i loro commerci in queste nuove province, mentre alcuni veterani decisero di cominciare una nuova vita ad Aquae Sulis - trasformando così questo tempio naturale, in un fiorente centro mercantile.

La fervente economia e la crescente popolarità del culto della dea, portarono alla decisione di rendere onore alla sacra sorgente costruendovi uno degli stabilimenti termali e luoghi di culto piu importanti delle province britanniche.

IL COMPLESSO TERMALE ED IL TEMPIO

Per trasformare una meravigliosa fonte naturale in un altrettanto stupefacente opera architettonica, ci volle l’esperta ingegneria romana. Era un progetto ambizioso: la sorgente era il regno della severa dea Sulis ed anche un ambiente fragile, essendo una locazione geotermica e quindi richiedente un’idraulica più complessa.

Legna e pietra vennero trasportate lungo le rive del fiume Avon, mentre piastrelle d’argilla vennero importate dal Wiltshire, esperti accorsero dalle province imperiali per assistere ai lavori; finiti nel 75 d.c.  Entro l’anno 100 d.C.; Bath era un vivace centro commerciale, ricreazionale e di culto - considerata una delle “città più sofisticate della Britannia Romana”.

Le terme diventarono così popolari che pellegrini visitavano regolarmente la cittadina per onorare Sulis Minerva ed approfittare delle acque termali; il flusso costante di viandanti portò ad una fervente espansione edile, trasformando ulteriormente il complesso termale.

L’originale radura boschiva, venerata dai Celti, venne racchiusa in una struttura dal volto a botte, illuminata fiocamente dal lume di candela e circondata da colonne e statue - arricchendone l’atmosfera mistica.

Il Tempio, costruito adiacente alla fonte, venne eretto in stile classico (inusuale, nella Britannia Romana): dentro vi era custodita la statua della dea, illuminata dal fuoco sacro. Il complesso si ergeva su un podio elevato di due metri dall'area pavimentata a mosaico; a circondare il tutto, vi era un ambulacro colonnato in stile corinzio.

Con l’avanzare del cristianesimo in Europa, questo imponente luogo di raccoglimento cadde in disuso - fino all’eventuale collasso dell’edificio.
Fortunatamente, oltre alla pianta della struttura, vennero trovati reperti archeologici inestimabili: testimoni silenziosi di un’epoca lontana, ormai dimenticata. 

LA STATUA DELLA DEA


La testa di bronzo di Sulis Minerva è uno dei reperti più famosi della Britannia Romana: il suo ritrovamento, nel 1727, fece intuire che Bath non era un sito archeologico come un altro. 

Probabilmente era parte della statua che risiedeva dentro il Tempio, torreggiando sopra l’altare sacrificale. Considerando le dimensioni della testa, possiamo solo immaginare l’autorità che potesse ispirare Sulis Minerva, illuminata solamente dalle fiamme serpeggianti del braciere sacro. 
Piccoli buchi tra i capelli rivelano che vi era probabilmente un elmo corinzio fissato sulla testa, purtroppo andato perduto nelle nebbie del tempo.


LA TESTA DI GORGONE

Come abbiamo detto, il tempio presentava numerose caratteristiche inusuali per l'architettura romana in Britannia: fra queste, di spicco era l'elaborato frontone con al centro una testa di Gorgone, sostenuta da due creature alate in un clipeo.  Supportato da quattro, larghe colonne alte 15 metri, doveva trattarsi di una visione molto potente per chi si avvicinava al tempio. 



Il frontone sfoggia diversi simboli carichi di significato: negli angoli vi sono dei tritoni, creature mezze pesce e mezzi uomini servi del dio Nettuno. In basso a sinistra vi è un elmo a forma di delfino, mentre nell’angolo destro abbiamo un gufo (simbolo di Minerva).

Varie sono le controversie sorte per determinare l'identità della Gorgone: infatti, nonostante abbia ali sopra gli orecchi e serpenti intrecciati nella barba, il volto raffigurato è maschile, mentre la tradizione vuole che la Gorgone fosse una creatura femminile, uccisa dall'eroe Perseo con l’aiuto di Atena (la controparte greca di Minerva). Una volta abbattuta, Perseo donò la testa alla dea, la quale la espose sulla sua corazza - quale migliore simbologia, per un tempio dedicato alla romana Minerva? 

Un'altra teoria suggerisce che la Gorgone sia invece una rappresentazione del dio Oceano,
il titano padrone delle acque. Il culto di Oceano era molto diffuso nella Britannia Romana: i legionari dovevano ovviamente attraversare la Manica, per sbarcare nell’attuale Regno Unito, per cui era nel loro interesse aggraziarsi il dio. L’imperatore Severo fece coniare addirittura delle monete con la testa di Oceano su un lato, la testa di Nettuno sull’altro; mentre sui ponti talvolta vi erano degli altari sacrificali dedicati a queste due divinità - per pagare pegno, in cambio della loro protezione nei pressi dei corsi d’acqua.
Una delle simbologie legate al titano erano infatti i delfini, uno dei simboli ritrovati anche sul frontone.

Un’altra teoria associa invece questa misteriosa figura ad una divinità celtica solare, Belenos: per quanto possa sembrare improbabile che dei romani abbiano finanziato un’opera simile, l’autore del frontone era un gallo ed avrebbe potuto “mascherare” la gorgone creando invece un tributo alla sua divinità patrona.

Probabilmente non sapremo mai la verità dietro a questa figura enigmatica, possiamo solo limitarci ad immergerci nell’atmosfera sacra di Aquae Sulis meravigliandoci di fronte a questo capolavoro architettonico, riverbero di frammenti di spazio e di tempo persi nei secoli.



♃Ludna
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