martedì 27 settembre 2022

La chiesa di Santa Luciella ed il teschio con le orecchie, Napoli


*To read this article in English click here.*



Con l’arrivo di Mabon e l’inizio della stagione autunnale possiamo dire di essere ufficialmente entrati nella spooky season, quale momento migliore quindi per parlare di Luoghi Magici e misteriosi?


Di recente mi sono recata in vacanza a Napoli, città che sto letteralmente adorando, ricca di tradizioni che rimandano agli antichi fasti del paganesimo. 

In questa città si può decisamente respirare un’energia vibrante e vetusta e, nonostante l’avvento del Cristianesino l’abbia coinvolta come ogni altro luogo in Europa, è come se in quel luogo il paganesimo non abbia mai smesso di esistere ed essere praticato, facendo sì che sacro e profano si mescolino alla perfezione.


La città di Napoli vanta una storia ed un susseguirsi di culture notevole e molto variegato, essendo stata, fra le altre cose, una tra le città più importanti della Magna Grecia e di conseguenza un polo importantissimo per quanto riguarda gli scambi commerciali, politici, culturali e religiosi. Come conseguenza a tutto questo, abbiamo il fatto che la città nasconda numerosi siti di interesse esoterico, delle vere e proprie meraviglie che esprimono alla perfezione l’idea delle tradizioni popolari.





Vorrei quindi parlarvi proprio di uno di questi luoghi: la chiesa di Santa Luciella.

Si tratta di una piccola chiesa nel cuore del centro antico di Napoli, fondata nel 1327 e situata in cima al vicolo che ai tempi dell’antica Roma chiamavano “vicus Cornelianus” che collega San Biagio dei Librai a San Gregorio Armeno. 

Nel corso degli anni, tra il 1600 ed il 1700, passò sotto la custodia della corporazione dei pipernieri, antichi artisti che scolpivano le pietre dure come il Piperno. La lavorazione di questo materiale metteva a rischio gli occhi di lo scolpiva, poichè delle schegge di pietra potevano facilmente schizzare sul volto, di conseguenza i pipernieri iniziarono a venerare Santa Lucia, protettrice della vista, rendendo la Chiesa di Santa Luciella il proprio luogo di culto e associandosi dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione a cui era affidata la madonnina sull’Altare maggiore della Chiesa.


**Leggi qui il nostro post su Santa Lucia


All’interno della chiesa, nella navata centrale, troviamo difatti dei manichini un po’ inquietanti, vestiti con gli abiti indossati dai confratell, con il particolare del cappuccio a punta il quale rappresentava la fede, la penitenza per i peccati commessi ma soprattutto l’uguaglianza tra ogni membro che diveniva così indistinguibile dagli altri.


Chiusa al pubblico dopo il terremoto del 1980 poichè inagibile, col tempo venne dimenticata e divenne un piccolo deposito di materiali edili e, successivamente, addirttura una discarica.

Nel 2013 un gruppo di giovani napoletani, specializzati in storia dell’arte, decide di aprire una fondazione chiamata “Respiriamo Arte”, riuscendo così a riappropriarsi di questo pezzo di storia, procedendo quindi con la restaurazione, la messa in sicurezza e permettendo in questo modo nuovamente l’accesso al pubblico, salvando questo patrimonio culturale dalla rovina.



Al di sotto della struttura della chiesa troviamo un cimitero, un luogo di sepoltura dedicato ai membri dell’Arciconfraternita ed ai loro familiari. Il metodo utilizzato per trattare i corpi dei confratelli prima dell’inumazione era chiamato “scolatura”. I cadaveri venivano infatti affidati allo “schiattamuorto”, figura tipica napoletana che rappresenta il becchino, il quale bucava il corpo in punti strategici (in particolare collo, polsi e gambe) per far sì che i liquidi ed i gas contenuti all’interno fuoriuscissero più rapidamente. Il corpo veniva quindi adagiato su delle grandi vasche di terra santa e lasciato scolare, appunto, accelerando così l’essiccazione ed il processo di decomposizione. Una volta pronti, i corpi venivano seppelliti in queste vasche per un certo periodo di tempo, dopodichè venivano riesumati, ripulivano accuratamente le ossa che venivano poi deposte nell’ossario sottostante al cimitero (un’area a cui oggi si accede attraverso una botola ma che non è ancora stata esplorata).

L’unica parte del corpo che veniva conservata in questo cimitero era il cranio, in napoletano detto “capuzzella”.


I crani in questione erano venerati secondo la tradizione locale del “culto delle anime pezzentelle”, ovvero le anime del purgatorio.



IL CULTO DELLE ANIME PEZZENTELLE:


Questa tradizione nacque a Napoli nel 1656 durante un’epidemia di peste che devastò la città e uccise due terzi della popolazione. I morti erano così numerosi che, per questioni igieniche e di protezione dal contagio, venivano riposti in fosse comuni, al di fuori dai luoghi di preghiera e privandoli così della loro identità. Le donne napoletane, mosse dalla pietà per le anime dei defunti, iniziarono ad adottare i crani, le capuzzelle appunto. Scendevano all’interno dei cimiteri, sceglievano uno dei teschi (la parte del corpo dove si pensava risiedesse l’anima) ed iniziavano a prendersene cura, pulendoli e lavandoli con acqua fresca che avrebbe dovuto dare refrigerio e sollievo all’anima del defunto mentre si trovava tra le fiamme del purgatorio.

Attraverso queste cure, l’anima del defunto poteva accedere al paradiso più velocemente, in cambio però, le donne chiedevano al defunto di intercedere per loro al fine di ottenere una grazia.


“Pezzentelle”, infatti, deriva dalla parola latina petere che significa chiedere. Quando il miracolo richiesto veniva realizzato, le donne portavano un ex voto e lo appendevano nel luogo di sepoltura come ringraziamento. Gli ex voto erano costituiti da dei simboli in metallo, soprattutto in argento, che rappresentavano la grazia ottenuta: l’arrivo di un figlio, il ritorno del marito dalla guerra, la guarigione degli occhi o la soluzione di un problema d’amore. Alcuni di questi ex voto sono ancora visibili oggi sulle pareti dell’ipogeo.


Agli inizi del 1900 questo culto iniziò a non essere più visto di buon occhio dalla Chiesa Cattolica, che lo definì un culto ai limiti del paganesimo. Infatti, secondo il cattolicesimo, non è possibile per un credente intercedere con Dio attraverso i morti (come invece si fa con il culto pagano degli antenati) ma solamente attraverso i santi.

Nonostante nel 1969 il culto venne vietato dalla Chiesa, le donne napoletane continuarono la pratica, fino al 1980 quando si fermò a causa del terremoto.


Ad oggi, oltre alla chiesa di Santa Luciella, i principali luoghi simbolo di questo culto si trovano nel centro di Napoli e sono la chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco ed il Cimitero delle Fontanelle.



IL TESCHIO CON LE ORECCHIE:



Tra tutti i crani conservati nel cimitero ipogeo della Chiesa di Santa Luciella troviamo il famoso Teschio con le Orecchie.

Questo cranio ha la particolarità di avere due porzioni di osso che si sono divaricate nel tempo, facendolo apparire come se avesse ancora, appunto, i padiglioni auricolari (che in realtà non è possibile che siano orecchie in quanto la cartilagine è una delle parti dello scheletro che si degrada più velocemente).

Il Teschio con le orecchie era il favorito dalle donne che praticavano il culto delle anime pezzentelle, proprio perché si pensava che avesse la capacità di ascoltare meglio le preghiere e le richieste, fungendo come un vero e proprio tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Per questo motivo infatti il teschio, risalente al 1600, una volta esposto nella cripta non è mai più stato toccato o spostato.


Personalmente trovo che questa macabra tradizione tipica del popolo napoletano in realtà rappresenti al meglio il particolare rapporto che questa gente ha con l’aldilà e con il culto dei morti. Una credenza che ci spiega che non dobbiamo temere o mostrare inquietudine nei confronti dei defunti, ma che anzi è possibile dedicarsi a loro dolcemente, impedendo che vengano dimenticati e mantenendoli comunque parte della comunità.


Unornya

 www.respiriamoarte.it

Nessun commento:

Posta un commento