venerdì 6 maggio 2022

Magic in Movies: Hagazussa

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Una storia di solitudine, oscurità e sofferenza dai risvolti psichedelici; frutto forse di spiriti antichi o magari di una lenta discesa nel delirio, avvolti in un vortice di sensazioni, angoscia e paranoia - lasciando allo spettatore il compito di interpretare i fatti narrati.

Uscito nel 2017, recentemente inserito su Prime e mi sono affrettata nella visione - dopo anni e numerosi consigli di appassionati del genere. LA TRAMA: La vicenda si svolge nel cuore delle Alpi austriache del quindicesimo secolo, in un villaggio così secluso che potrebbe essere collocato in un qualsiasi contesto storico - tant'è la natura chiusa, ostile ed immobile di alcuni luoghi. Picchi innevati ed oscure vallate fanno da cornice alla vicenda narrata, la storia di Albrun - una ragazza contadina che vive alle pendici della montagna. Il film comincia col mostrarci una Albrun bambina, convivente con la madre in una baita isolata nel bosco: vivono una vita semplice, di pastorizia e foraggiamento. Come spesso accadeva in questi ambiti, vengono prese di mira dalla popolazione locale e sono continuamente oggetto di soprusi essendo donne marginalizzate da una comunità fortemente patriarcale e cattolica. La voce che serpeggia come un sussurro, una folata di vento tra gli alberi e’ sempre quella: streghe. “Hagazussa”, infatti, vuol dire strega in Tedesco Antico. Piu precisamente, uno spirito femminile notturno, liminale tra il mondo degli Dei e degli Uomini - ritornato in voga come sinonimo di strega, durante l’inquisizione svizzera nel quattordicesimo secolo. Sono streghe per davvero? O è forse un pettegolezzo malato, frutto di una mentalità collettiva ignorante? È proprio questo il leit motiv di Hagazussa, lasciandoci perennemente in sospeso tra immaginazione e realtà.
*** ATTENZIONE - DA QUI IN POI CI SONO SPOILERS***



Il primo colpo di scena, lo abbiamo quando la madre, Martha, purtroppo si ammala di un male incurabile (forse peste) che la divora lentamente - consumando il suo fisico ma anche la sua psiche, rasentando la pazzia fino all’ultimo, grande atto che la vede correre in vestaglia nel cuore della notte nella foresta; dove Albrun la troverà deceduta il giorno dopo. Lasciando così la sua giovane figlia in balia di sé stessa, in un ambiente ostile. Ci troviamo poi ad assistere ad una Albrun adulta, nella stessa baita, mentre tende alle sue capre - unica fonte di sostentamento della giovane - e a sua figlia, di cui non si sa bene chi sia il padre. Come ci possiamo facilmente immaginare, è ancora vittima di abusi per essere "la figlia della strega, la pazza, la ragazza madre che vive nel bosco" - fino a quando conosce Swinda, una donna che un giorno la difende dagli attacchi dei ragazzini di paese. Albrun, avvezza solamente alla cattiveria e alla brutalità degli altri esseri umani, rimane colpita dalla sua gentilezza ed amicizia; ma purtroppo è una vana speranza: Swinda, come tutti gli altri, disprezza Albrun dandole della strega e della pagana - approfittando della sua docilità ed ingenuità, per offrirla in pasto ad un uomo che la violenta con l’aiuto di quest’ultima. Qui qualcosa si spezza definitivamente nella protagonista: dopo anni di abusi, decide di abbracciare la sua eredità di Strega, cominciando così la discesa nel suo delirio personale tra spiriti che invocano il suo nome nei meandri oscuri della foresta, lunghe notti a conversare con il teschio di sua madre, esposto su un altare in casa, fino a raggiungere il climax con un trip psichedelico esasperante, dopo aver ingerito dei funghi trovati sul tappeto boschivo. Non vi racconto i dettagli più scabrosi, altrimenti vi toglierei il piacere della visione di questo capolavoro, lento ed inesorabile - come l'incessante avanzare del tempo.

La quasi totale mancanza di dialoghi ci immerge ulteriormente nella vita di Albrun passata in una solitudine quasi soffocante, accompagnata solamente dalla florida ed ostile natura alpina. Ci dà modo di assistere passivamente alle sue disgrazie personali, come se fossimo anche noi parte del villaggio che si ossessiona su di lei in maniera morbosa, ma senza interagirvi. Il silenzio schiacciante, intervallato dalla tetra colonna sonora, lascia inoltre aperta l’interpretazione, dandoci possibilmente due chiavi diverse di lettura. La prima ci induce a credere che Albrun sia veramente una strega, e che finalmente decida di abbracciare la sua natura vendicandosi per tutte le violenze subite. Come quasi tutte le storie di stregoneria tradizionale europea, è una storia di dolore ed espiazione. Una storia che spesso riguarda persone che vivono ai margini della società, che ricorrono a poteri stregonici per rompere le proprie catene. Dall’altra, forse l’interpretazione più probabile, abbiamo la chiave di lettura psicologica: erano altri tempi, essere una donna sola e vulnerabile in Europa medievale voleva dire vivere una vita di violenze e rischiare di esser accusate di Stregoneria. Purtroppo, la storia di Albrun può essere la storia di tantissime altre donne di quell’epoca. Secondo questa versione, il film ci trascina con sé nella mente - già fragile - di una ragazza sola, illetterata ed accusata di essere una strega per tutta la sua vita. Con conseguenze atroci sulla sua psiche, dallo stupro (forse nemmeno il primo della sua vita, in quanto non sappiamo chi è il padre della figlia) all’usanza di sostanze psicotrope su una mente già compromessa.


Qualsiasi sia la verità, oltre ad offrire 102 minuti di pura paranoia, dovrebbe farci riflettere su quest'ultimo punto: sulle ripercussioni psicologiche, oltre che fisiche, che la caccia alle streghe ha causato - e che sta ancora causando. Se pensate che la caccia alle streghe sia un fenomeno del passato, vi sbagliate. Secondo le Nazioni Unite, al giorno d’oggi ogni anno migliaia di persone vengono accusate di stregoneria, emarginate, uccise e torturate in più di 50 Paesi. Succede soprattutto in Africa, nel Sud-Est asiatico, in Papua Nuova Guinea, in America Latina e in India. In Arabia Saudita, la stregoneria è punita con la pena di morte; in Ghana esistono i cosiddetti “Witch Camps”, dove centinaia di donne vivono relegate dopo essere state bandite dalle proprie comunità perché considerate streghe; in India, tra il 1999 e il 2013, sono stati registrati 2.300 omicidi legati ad accuse di stregoneria. Tutto questo ha portato, nel luglio 2021, all’approvazione da parte dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani di una risoluzione che chiede la fine delle violenze basate sulle accuse di stregoneria. Inoltre non basta essere accusati ufficialmente di stregoneria, per cadere nella misoginia piu crudele: basti guardare i recenti avvenimenti negli Stati Uniti, che riguardano le leggi sull’aborto. Ricordiamoci che le “streghe” erano guaritrici, levatrici, curandere, sacerdotesse; quando si parla di Stregoneria si parla anche di questo: della sua intrinseca natura col sacro femminile, la caccia alle streghe non è mai finita finché il patriarcato detta ciò che una persona può fare o non fare col proprio corpo e renderlo illegale, accusandoci di Stregoneria - in certi paesi, come abbiamo visto, punibile con la morte. Ogni volta che una donna viene tacciata, accusandola di essere pazza, “isterica”, aggressiva, promiscua, è una rinnovata inquisizione. Ogni storia di violenza, abusi, gaslighting è la storia di ognuna di noi, della nostra Albrun interiore.


♃Ludna

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